Informazioni personali

Una mente nostalgica che butta sempre un occhio al passato e l'altro pure! Affetta da Anglofilia acuta, divoro compulsivamente serie tv, musica anni '90 e la mia wishlist libresca copre esattamente la distanza da Thornfield Hall a Magrathea.

13 apr 2012

"Parola cortese e mano al cappello non costano nulla e giovano assai"

Così recita il proverbio. Mi fosse venuto in mente ieri l'avrei usato al momento opportuno. Si sa però che di fronte ad un gesto o una parola sgarbata vengono in mente più che altro espressioni meno gentili e che con la buona creanza poco hanno a che fare: consigliare al tuo interlocutore di andare a farsi un viaggio in un certo paese o chiamare in causa i suoi congiunti defunti pare non siano azioni annoverate tra le regole del bon ton. Di più si rischia di mettersi allo stesso livello del suddetto infimo essere e alla fine la maleducazione regna sovrana e incontrastata come sempre. Di norma, se non si è proprio fumantini di carattere, una buona dose di self-control mette fine alla faccenda o la rimanda a data da destinarsi.   Si, la sto prendendo larga. In questo momento mi fumano ancora le orecchie e sono indecisa se continuare a scartavetrare i tasti della tastiera con le unghie o cancellare tutto, piazzare un bip enorme su questo spazio bianco e andare a dare due testate al muro nella speranza che mi passi. Siccome ci tengo alla mia salute, negli ultimi tempi poi è stata già messa a dura prova da forze esterne di ignota provenienza, tenterò di proseguire.
L'antecedente risale a ieri pomeriggio. Dopo aver preso accordi telefonici per l'ennesimo colloquio di lavoro mi reco sul posto all'ora stabilita e chiedo del signor X  al quale la signorina Y, al telefono, mi aveva indirizzata. Sul posto trovo il signor Z ( e già a questo punto qualcun altro al mio posto avrebbe iniziato a far fischiare la valvola di sfogo della sua pentola a pressione/cranio) che, dopo avermi scambiata per una cliente che stava aspettando e aver appurato che trattasi in realtà di scambio di persona, va "alla ricerca del signor X perduto".
 Lo scorgo, trafelato, in lontananza. Già noto che mi guarda in cagnesco ma il mio sorriso sulla faccia non accenna a sparire finchè : "Eh ma lei non doveva venire qui, io non ho tempo adesso!" recita scocciato.
Accenno un : "Come scusi?"   "Lei doveva recarsi al posto tal dei tali e parlare con la signorina Y". "Veramente è stata proprio lei a dirmi di venire qui, a quest'ora, e parlare col signor X, è lei il signor X?"   "Si, sono io". Con nonchalance gli porgo la mano facendogli così notare che prima di vomitarmi addosso il suo altezzoso esordio poteva spendere due secondi due per presentarsi. Vabbè, si vede che è uno stacanovista e che due secondi avrebbero significato una palata di carbone in meno*. Senza degnarmi di uno sguardo si dirige verso il telefono e intuisco che sta per chiamare la signorina Y la quale, ri-intuisco dal faccione soddisfatto del signor X,  ha confermato di avermi riferito di presentarmi al posto tal dei tali e parlare con lei!  Inizio a sentire il sangue pulsare nelle vene del collo. Ora, questo posto tal dei tali io non so neanche dove si trovi, gli faccio notare, e se gli accordi erano quelli la rintronata signorina Y avrebbe quantomeno dovuto dirmi come fare per arrivarci. Ma, perchè c'è sempre un ma, accade che questo posto tal dei tali sia un rinomato locale del posto e, a quanto pare, io dovevo già saperlo di mio dove fosse situato nel mondo. Ovviamente ci sono arrivata sempre per deduzione a questa conclusione, elaborando il per nulla modesto ghigno del signor X. La cosa ancor più sconvolgente è che non ho chiamato io per questo lavoro! Hanno chiesto il mio numero a qualcuno che conosco perchè, caro signor X, in quel posto dove io e lei abbiamo conversato amorevolmente io ci ho lavorato per cinque anni e un pò di gente l'ho conosciuta e si vede che, grazie al cielo, hanno conservato di me un bel ricordo. Morale della storia : la signorina Y, che nel frattempo ha chiesto di parlare al telefono con me, mi lascia il suo recapito, non senza avermi fatto notare che avevo sbagliato io , e mi invita a richiamarla per fissare un altro appuntamento perchè "alla fine è lei che deve vedere quando ha tempo". Come come come??? Pensavo che da un momento all'altro venisse fuori la scritta "Scherzi a parte" e mi informassero che il signor X fosse in realtà un attore di cabaret che per sbarcare il lunario gestiva un paio di locali della città...ma non è apparsa nessuna scritta. Piuttosto è scomparso il signor X il quale, mentre ero al telefono, si è dato alla macchia lasciandomi in compagnia del signor Z, l'unico componente della combriccola che perlomeno si è mostrato educato. Eh, l'educazione appunto. Anche ammesso che avessi sbagliato io, cosa che sono certissima non sia accaduta, ci sono modi e modi per dirle le cose. E anche quando ti girano alla velocità della luce, caro signor X, dal momento che fai un lavoro in cui sei a contatto col pubblico, tu proprio per questo mi insegni che bisogna respirare profondamente, contare almeno fino a tre, e poi proferire parola. Inoltre non sono venuta a cercarti l'elemosina, egregio signor X, mi hai chiamato tu! Trattandomi con quell'aria di sufficienza mi hai convinta una volta per tutte che i nostri "colloqui" siano finiti qui. Anzi, sono certamente finiti qui dato che il numero del tuo famoso locale tal dei tali è finito nella spazzatura assieme agli avanzi di cibo della cena che ieri sera mi è andata di traverso. . Stamattina, a mente fredda, ho pensato che forse avrei dovuto chiamare. Insomma non ho un lavoro al momento e non posso permettermi di scegliere, ma se le premesse sono queste non mi immagino il resto. Poi mi è tornata in mente la sua faccia e con gli occhi iniettati di sangue mi sono detta che, va bene tutto, però di essere presa per il culo dal signor X non ne ho proprio voglia. Nonostante tutto pare che il fato voglia premiare la mia calma e il mio contegno: domattina ho un altro colloquio. Ho fatto ripetere, alla persona all'altro capo del telefono, per ben tre volte il posto e l'ora: la prova definitiva che uno non può autoimpazzire ma è sempre colpa di qualcun'altro.

Può capitare di perdere la pazienza, certo, capita a tutti ma si può sempre chiedere scusa. Signor X me lo potevi dire in un altro modo che non era il momento giusto, non c'era neanche bisogno di dirmi che ti sei sbagliato a farmi venire lì  a quell'ora e che non hai calcolato i tempi ma resta il fatto che hai sbagliato i modi e ci hai rimesso solo tu. Io ho perso un'ora della mia vita per te ma ho incontrato, uscendo dalla tua porta, persone che non vedevo da un pò e che erano felici di rivedermi; tu hai perso una eventuale collaboratrice che perlomeno sa un pò come funzionano le cose lì . Purtroppo non consiglierò a nessuno di venire a lavorare da te o a mangiare nel tuo famoso locale. Vedi? Bastava una parola in meno o una in più. Sarò educata ma sul rancore ci devo lavorare ancora molto.

Pace & buona creanza
Stay tuned

* (Da WIKIPEDIA)
Lo stacanovismo (o stachanovismo)[1] è un particolare sistema di divisione ed organizzazione del lavoro ideato da un operaio sovietico del bacino del Don, Aleksej Grigor'evič Stachanov. Quest'ultimo, infatti, estrasse con una tecnica di sua invenzione 102 tonnellate di carbone, pari a quattordici volte la quota prevista, in meno di sei ore.
La sua immagine fu utilizzata allo scopo di aumentare la produttività di tutti i lavoratori, con l'obiettivo non secondario di "dimostrare al mondo" l'efficacia del sistema del lavoro socialista; il suo esempio diede vita al cosiddetto stacanovismo, l'aumento della produttività individuale unita all'ideazione di nuove tecniche di lavoro. Culmine dell'ideologia produttivistica dell'industrializzazione forzata, l'emulazione stacanovista divenne un fenomeno di massa. Essa comportava premi di produzione e nello stesso tempo costringeva gli operai a raggiungere gli indici di produzione dei migliori.


Per estensione in italiano la parola stacanovista indica, se usata fuori dal contesto originario dello stacanovismo, una persona che per una qualsiasi ragione si sottopone regolarmente a ritmi estenuanti in una certa attività, chi lavora in modo indefesso (spesso con ulteriori connotazioni negative, come la mancanza di rispetto per la propria persona):

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