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Una mente nostalgica che butta sempre un occhio al passato e l'altro pure! Affetta da Anglofilia acuta, divoro compulsivamente serie tv, musica anni '90 e la mia wishlist libresca copre esattamente la distanza da Thornfield Hall a Magrathea.

30 gen 2017

Parole, immagini e suoni. Il mio 2016 #3-Immagini

Breve storia triste di una malata teleseriale.
C'era una volta la mia vita sociale, poi è arrivato Netflix e...ciaone proprio!
Eh già. Anch'io, come circa altri 90 milioni di individui al mondo, sono caduta nella rete, e mi si consenta il gioco di parole, della nota piattaforma di streaming online.
Fiumi di parole si sono sprecati per tentare di spiegarne il successo.
Interminabili pipponi socio-economici sono apparsi a cadenza regolare su riviste del settore e non.

Questo servizio offre, a prezzi accessibilissimi, un catalogo vario e originale, che cresce di giorno in giorno ed al quale si può accedere nella modalità che si preferisce. Tra film, serie tv, documentari e tanto altro c'è l'imbarazzo della scelta per tutta la famiglia. Dallo scorso settembre inoltre, grazie ad un accordo con la Disney, il catalogo si è arricchito di tanti contenuti anche per i più piccoli. A questo punto non serve un trattato di economia per comprenderne il sempre più crescente successo su scala mondiale. Lo spettatore moderno è perlopiù squattrinato ma dispone, bene o male, di una connessione internet. Ha i suoi tempi e vuole intrattenimento, possibilmente accontentando tutta la famiglia.
Netflix viene incontro a tutti questi bisogni. Con pochi euro al mese si può accedere alla versione base e in men che non si dica ti ritrovi a guardare una stagione intera di una serie tv in un giorno solo.
 Da qui il termine bingewatching, o, se preferite, la maratona divanesca de 'noantri, disciplina nella quale, modestamente, sono campionessa olistica, per dirla alla Dirk Gently.

Altro fattore vincente è, indubbiamente, la scelta di Netflix  di crearsi i contenuti da sé: film, serie tv e documentari originali, prodotti con i propri soldini, fruibili nella loro interezza non appena vengono messi online. Contenuti vari che incontrano i gusti degli spettatori più diversi non solo per età, come già anticipato, ma anche per cultura. Una delle ultime serie che mi è capitato di seguire, per esempio, è un thriller fantascientifico prodotto interamente in Brasile. 3%, il titolo della serie, che ha conquistato tutta l'America latina ma che non ha nulla da invidiare a serie analoghe andate in onda negli ultimi anni in Europa o Stati Uniti.

No, non sono stata pagata da Netflix per intessere questo panegirico, se qualcuno se lo stesse chiedendo.
Non ho potuto fare a meno di notare però, dando uno sguardo al mio anno telefilmico, che la maggior parte delle immagini che l'hanno segnato provengono, in larga misura, da questa piattaforma. Mi sembrava perciò anche giusto spiegarne i vantaggi, nel caso qualcuno ne fosse interessato. Come altrettanto giusto è sottolineare il fatto che se siete alla ricerca di un sito di streaming online che vi proponga blockbusters in prima visione et similia, Netflix non fa per voi.

Ma torniamo alla sottoscritta e al diario per immagini del 2016.
A me il passatempo visivo appassiona di più sulla lunga distanza, non ci posso fare nulla.
Certo amo anche i film, soprattutto quelli datati.  Ma per quanto riguarda le nuove uscite spesso il prezzo proibitivo del biglietto del cinema mi frena.
Da quest'anno però, impegni permettendo, vorrei approfittare del Cinema2day, l'iniziativa del Ministero dei Beni culturali che ogni secondo mercoledì del mese ci permette di andare al cinema al costo di 2 euro.
In ogni caso quest'anno è stato davvero un anno ricco di belle storie.
Non le cito tutte ovviamente, sarebbe impossibile.
Voglio però spendere due parole su quelle serie che, per un motivo o per un altro, mi hanno conquistato al 100% e che continuerò senz'altro.
Nello specifico parlo di Jessica Jones, Stranger things e The Crown. Tutte e tre serie targate Netflix, ecco perché il polpettone iniziale era una doverosa premessa.



MARVEL'S JESSICA JONES


Pubblicata a novembre del 2015, è stata la serie che ha inaugurato il mio anno telefilmico 2016.
Con Jessica Jones prima, e con Daredevil e Luke Cage poi, Netflix si è creata il suo personale micro universo Marvel all'interno di quel macro MCU, il Marvel Cinematic Universe, che ci tiene compagnia dal 2008. Quello di Thor e compagni, per capirci.
E lo fa perché, se è vero che queste storie vanno a incastrarsi perfettamente con gli eventi del filone principale, esse sono però caratterizzate da uno stile ed un'identità del tutto personali, che le portano a differenziarsi, non solo dall'universo madre, ma anche l'una dall'altra. La bravura degli attori, ma anche costumi, scenografie e musiche fanno sì che questa costola dell'universo Marvel si discosti dalle mastodontiche e roboanti imprese di dei norreni e miliardari eccentrici, pur continuando a condividerne la realtà narrativa. In Jessica Jones, ad esempio, l'atmosfera è più dark. Grazie anche ad un'azzeccatissima colonna sonora, firmata da Sean Callery-già vincitore di un Emmy per la soundtrack della serie tv 24- veniamo calati in un clima molto simile a quello dei classici noir. Ed è proprio questo aspetto che mi ha subito catturato.

 Uno dei personaggi più recenti dell'universo Marvel Comics, Jessica Jones è stata creata da Brian Michael Bendis e disegnata da Michael Gaydos nel 2001. Un esempio di quei personaggi cosiddetti a continuità retroattiva. Gli autori cioè l'hanno presentata come un personaggio già esistente ma che non era stato approfondito, legandola, grazie a questo espediente, ad altri personaggi cardine del mondo Marvel, Peter Parker e Tony Stark tra gli altri.
Ha una mente molto sviluppata, il che la rende un'investigatrice dotatissima, ma ha anche una forza sovrumana ed è capace di levitare. A seguito di un evento traumatico, provocatole dall'Uomo Porpora, inizierà a soffrire di PSTD, disturbo post-traumatico da stress. Deciderà così di abbandonare la vita da supereroe e aprire un'agenzia investigativa privata, la Alias investigations.
La serie parte proprio da questo momento. Nei panni della protagonista la bravissima Krysten Ritter, la Jane Margolis di Breaking bad. L'attrice riesce a rendere palpabile tutto quel disagio che il personaggio si porta dentro. La Jessica che ci viene presentata qui in fondo non è più un supereroe, ma si trova a dover combattere ancora una volta con i demoni del suo passato che, per una serie di circostanze, riaffiorano nel suo presente.

Faremo così la conoscenza di Kilgrave, l'Uomo Porpora, interpretato da un impeccabile David Tennant, entrato nel cuore di tanti grazie alla sua interpretazione del Decimo Dottore in Doctor Who.
Nonostante abbia apprezzato tantissimo anche Daredevil e Luke Cage, tra le tre Jessica Jones rimane la mia serie preferita. I suoi conflitti interiori, il suo altruismo, nonostante la paura che la paralizza, le sue fragilità, ma anche la sua forza mi hanno davvero appassionata. Sia Jessica che Kilgrave vengono esplorati psicologicamente in modo convincente ed avvincente. Tanti altri aspetti sono sicura che verranno approfonditi nel corso della seconda stagione.
Anche se prima di vederla ce ne vorrà...
Nel prossimo mese di marzo infatti, alle tre serie citate se ne andrà ad aggiungere una quarta, Iron fist, basata sull'omonimo personaggio della Marvel Comics. La quaterna di supereroi andrà poi, sempre nel corso del 2017, a convergere nel crossover The Defenders andando così a completare le fondamenta di questo micro universo Marvel targato Netflix.
Insomma siamo solo all'inizio!




STRANGER THINGS


Non mi dilungherò molto in questo caso perché su questa serie, creata dai fratelli Duffer, è già stato detto di tutto e di più.
Probabilmente è stata, assieme a Westworld, della HBO, la serie dell'anno.
Buona parte del suo successo è dovuto certamente all'effetto nostalgia.

Ambientata nel 1983, grazie anche alla sempre crescente retromania che soprattutto in ambito cinematografico negli ultimi anni ha prodotto decine di remake, reboot, retelling di grandi successi del passato recente, ha conquistato non solo i figli degli anni '80 come me ma anche le nuove leve. Pur attingendo a piene mani dal passato Stranger things ha però in sé tutte le caratteristiche dello storytelling moderno. Con questo intendo nello specifico il tipo di narrazione adottato: in pochi episodi, 8 in questo caso, abbiamo un'inizio, lo sviluppo della storia ed una fine. Nonostante molte domande, dopo l'epilogo, rimangano senza risposta, invogliandoci a saperne di più, si ha comunque la sensazione che l'arco narrativo sia definitivamente concluso. Una formula questa che si sta sempre più diffondendo tra le serie tv. Le già citate Jessica Jones, Westworld, e tante altre seguono questo modello. Una sorta di film lungo, se vogliamo chiamarlo così, che ha attirato a sé anche i più restii alle storie a episodi.

Al centro di questa storia ci sono quattro ragazzini, amici per la pelle. Uno di loro, Will Byers, scompare misteriosamente. Nello stesso momento una loro coetanea scappa da una sorta di laboratorio segreto situato nei pressi della cittadina fittizia dell'Indiana dove si svolgono i fatti. Durante la sua fuga incontrerà i tre amici di Will: Mike, Lucas e Dustin, che si sono messi alla ricerca del loro amico scomparso. Faremo così la conoscenza della piccola Undi,  chiamata così dagli altri per il numero undici tatuato sul suo braccio*, dello sceriffo Hopper, capo della polizia locale, di Joyce e Jonathan, rispettivamente madre e fratello del bambino scomparso, e di altri personaggi secondari che hanno però tutti un ruolo importante da giocare in questo piccolo grande puzzle.


Le atmosfere sin da subito ci riportano indietro nel tempo. Siamo negli anni '80 e i rimandi ad altri film, oggetti e musica della cultura pop di quel periodo si sprecano. A partire dalla colonna sonora, con il synth che la fa da padrona, e proseguendo con il cast. Da una Wynona Ryder in grande spolvero, che interpreta magistralmente la disperata e nevrotica Joyce, madre di Will, a Matthew Modine, il marine Joker di Full metal jacket, che veste i panni di quello che possiamo definire il villain della storia.
Di sicuro però chi ha definitivamente conquistato il mio cuore e mi ha fatto innamorare di questa serie sono i bambini, i protagonisti. Su tutti spicca la bravissima Millie Bobby Brown, "Undici", che con la sua espressività mi ha fatto commuovere, arrabbiare, tifare per lei e i ragazzi. Una combriccola che ne porta alla mente altre, dai Goonies di Spielberg, ai sette amici di Derry protagonisti di It di Stephen King, con tutto il loro bagaglio sci-fi e horror al seguito.
Tra i pochi dettagli trapelati riguardo alla prossima stagione c'è quello che vuole proprio uno dei protagonisti dei Goonies, Sean Astin, come new entry nel cast. Staremo a vedere!

*Nella versione originale i ragazzi la chiamano Elle da eleven



THE CROWN


Ed ecco infine l'ultima serie con la quale si è concluso il mio 2016 telefilmico.
Iniziata per noia e con l'unico scopo di vedere Matt Smith "svestire" i panni del Dottore, si è rivelata una delle serie preferite dell'anno.
Intendiamoci, io vado matta per i period drama, ma sinceramente ero un po' restia nei confronti di The Crown, dato che da poco ho recuperato quel capolavoro del 2006 di Stephen Friars, The Queen, con Helen Mirren nei panni della regina Elisabetta, e non credevo di trovare niente che potesse eguagliarlo.

Ma ci sono tanti modi di raccontare una storia e Netflix ha deciso di farlo partendo da quando Elisabetta II era ancora Lilibeth, una principessa che vedeva ancora lontano quel trono ma che ben presto ha dovuto occupare. Viviamo così con lei i timori, i dubbi di una giovane inesperta che si ritrova Regina del Regno Unito senza aver avuto un'adeguata preparazione.
Vediamo crescere in lei la consapevolezza che per salvaguardare la pace del Regno spesso dovrà sacrificare la pace della propria famiglia e che per tenere testa al primo ministro e agli uomini di potere avrà bisogno di una preparazione adeguata. E combattiamo con lei mentre si fa strada per abbattere i pregiudizi di chi, a causa della giovane età ed il sesso, la reputa incapace di governare.  La prima stagione conta 10 episodi. Parte dal matrimonio tra Elisabetta e il principe Filippo (1947) e si conclude all'incirca nel 1955, anno delle dimissioni di Churchill. Il progetto di Netflix è ambizioso: questa dovrebbe essere la prima di sei stagioni. Ogni due anni il cast andrà rinnovato, invece che invecchiato con il trucco. Queste per ora sono solo voci di corridoio. Chi vivrà vedrà.

Di questa prima stagione ho amato molti aspetti. L'interpretazione degli attori prima di tutto.
Claire Foy è perfetta nei panni di Elisabetta e mi ha davvero colpito Matt Smith che qui interpreta il principe Filippo, un ruolo così diverso da quello con cui l'avevo conosciuto.
Ma le interpretazioni che ho amato in assoluto sono state quelle di Vanessa Kirby che presta il volto alla Principessa Margaret e John Lithgow nei panni del primo ministro Winston Churchill.
Quest'ultimo in particolare mi ha davvero spiazzata. Per mia ignoranza ricordavo l'attore solo per la serie Una famiglia del terzo tipo (3rd Rock from the Sun). Vederlo in un contesto lontanissimo da questo, calato perfettamente in un personaggio complesso come quello di Churchill, mi ha a dir poco incantata.

Un altro aspetto che ho particolarmente apprezzato è che la Storia non fa da semplice contorno.  L'azione è interessante anche fuori da Buckingham Palace. Assistiamo ad esempio ai test sovietici della bomba atomica, così come alle prime avvisaglie della Crisi di Suez e addirittura un intero episodio è dedicato al "Grande smog" di Londra del 1952, che causò gravi problemi respiratori e uccise migliaia di persone.
E poi chiaramente ho adorato i costumi, gli ambienti e tutte le caratteristiche tipiche del period drama, tanto che, una volta finito, ho avuto il "blocco telefilmico" che è tale e quale al "blocco del lettore". Sono rimasta cioè intrappolata tra le mura dei palazzi inglesi e ancora non riesco ad uscirne. Così, visto che ci sono, mi sono buttata a capofitto su Downton Abbey.
Scorgo un altro tunnel all'orizzonte. Ma quale orizzonte...Ci ho già messo la carta da parati!



Pace & maratone olistiche
Stay tuned




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